CPI : Certificato di Prevenzione Incendi come funziona e a cosa serve?
Tra i numerosi documenti obbligatori per la sicurezza nelle aziende, troviamo il Certificato di Prevenzione Incendi (CPI).
Questo certificato attesta che l’organizzazione rispetta appieno la normativa sulla prevenzione degli incendi e che, di conseguenza, possiede i requisiti di sicurezza sul lavoro necessari.
Il CPI Certificato di Prevenzione Incendi viene rilasciato dal comando provinciale dei Vigili del Fuoco dopo la necessaria verifica dei requisiti di sicurezza e del rispetto della normativa di riferimento.
A cosa serve questo certificato?
Chi deve richiederlo il certificato e in quali casi è obbligatorio?
Come funziona?
CPI Certificato di Prevenzione Incendi: normativa di riferimento.
Prima di spiegare come funziona il CPI, ricordiamo quali sono i riferimenti normativi principali:
- M. 16 febbraio 1982 indicante le attività soggette a visite di prevenzione incendi;
- P.R. n. 37/1998 contenente il Regolamento per la semplificazione dei relativi procedimenti;
- P.R. n. 689/1959 che determina aziende e lavorazioni soggette al controllo dei vigili del fuoco;
- P.R. n. 214/2006 che semplifica le procedure per i depositi di g.p.l. in serbatoi fissi di 5 metri cubi;
- 16 del D.Lgs. n. 139/2006 che ha introdotto e disciplinato il CPI.
- Legge settembre 2021
In seguito, il DPR 151 del 1° agosto 2011 ha abrogato e sostituito i suddetti riferimenti normativi allo scopo di:
- eliminare licenze, procedure, autorizzazioni e permessi non necessari;
- definire adempimenti amministrativi in base alla dimensione ed al tipo di attività dell’impresa;
- estendere il più possibile il ricorso all’autocertificazione;
- informatizzare procedure e adempimenti amministrativi.
Il Decreto del Ministero dell’Interno 21/02/2017 ha, poi, ulteriormente aggiornato la normativa antincendio estendendo l’obbligo di richiedere il CPI Certificato prevenzione incendi anche ad altri edifici ed attività che prima non dovevano farlo.
Quando serve il CPI: attività soggette all’obbligo ed al certificato.
L’Allegato 1 al DPR 151/2011 contiene l’elenco delle attività soggette al Certificato di Prevenzione Incendi ovvero una lista di 80 attività con obbligo di CPI essendo a maggior rischio di incendio.
Tali attività si suddividono in 3 categorie (A, B, C) in base a determinati fattori: settore, dimensioni, sicurezza pubblica, regole tecniche esistenti.
Ogni categoria presenta procedure e adempimenti diversi.
Scopriamo più da vicino le caratteristiche e gli adempimenti procedurali CPI Certificato di Prevenzione Incendi di ciascuna delle 3 categorie.
CPI Certificato di Prevenzione Incendi Categoria A
Le attività della categoria A sono caratterizzate da un livello di complessità limitato: sono a rischio incendio basso e vengono normate da regola tecnica.
Per queste attività non è previsto l’obbligo di chiedere ai Vigili del Fuoco la valutazione del progetto:
- i VVF possono eseguire sopralluoghi a campione dopodiché il titolare dell’azienda potrà richiedere il verbale di visita tecnica.
CPI Certificato di Prevenzione Incendi Categoria B
Per le attività della categoria B che dispongono di regola tecnica è obbligatorio chiedere la valutazione del progetto ai VVF.
Per le attività senza regola tecnica (con livello di complessità inferiore rispetto alla categoria C) i VVF effettuano sopralluoghi a campione.
In caso di rischio incendio medio, a seguito di sopralluogo il titolare dell’attività può chiedere il rilascio del verbale di visita tecnica.
CPI Certificato di Prevenzione Incendi Categoria C
Per quelle attività della categoria C con elevato livello di complessità, a prescindere dalla presenza di una regola tecnica, è obbligatorio chiedere la valutazione del progetto ai VVF.
In caso di rischio incendio alto, i VVF effettuano sopralluoghi a campione dopodiché rilasciano il Certificato di Prevenzione Incendi.
Classificazione dei livelli di rischio incendio.
Il rischio incendio varia a seconda dell’ambiente di lavoro: di conseguenza, si è reso necessario stabilire una classificazione dei livelli di rischio in base a precisi criteri definiti nell’All. I al D.M. 10/03/1998.
I livelli di rischio incendio sono tre:
- Rischio incendio basso: sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità, le condizioni dell’ambiente sono caratterizzate da scarse possibilità di sviluppo di principi di incendio, la probabilità di un eventuale incendio è limitata;
- il rischio incendio medio: sono presenti sostanze infiammabili oppure le condizioni dei locali possono favorire lo sviluppo di incendi, ma la possibile propagazione di un incendio è limitata;
- Rischio incendio elevato: sono presenti sostanze altamente infiammabili, le condizioni locali o di esercizio possono facilitare lo sviluppo di incendi e ci sono forti possibilità, in fase iniziale, di propagazione delle fiamme.
L’obbligo di valutazione del rischio incendio.
L’eventualità seppur minima che possa svilupparsi un incendio all’interno di un’azienda è un fattore da valutare assolutamente e da prevenire per garantire sicurezza e salute dei lavoratori al fine di ottenere il CPI Certificato di Prevenzione Incendi.
Le linee guida sulla valutazione del rischio incendio sono strettamente legate al Decreto Ministeriale 10/03/1998 e al D.Lgs 09/04/2008 n. 81.
Il rischio incendio si riferisce alla possibilità che, all’interno di un’azienda, possa verificarsi un incendio di varia entità.
I fattori determinanti per individuare e valutare questo rischio sono, senza dubbio, l’uso di materiali infiammabili o instabili ed il tipo di attività svolta.
Tale rischio sussiste, comunque sia, in presenza di qualunque tipo di combustibile o comburente (attrezzature, rivestimenti, arredi realizzati con determinati materiali che possono innescare o alimentare una combustione).
Il titolare dell’azienda (o, per delega, il dirigente) ha l’obbligo di effettuare la valutazione del rischio incendio avvalendosi anche dell’ausilio del RSPP aziendale, del Medico competente e di tecnici qualificati.
In fase di valutazione del rischio incendio, con cui si identifica il livello di rischio secondo i criteri stabiliti dalla normativa, bisognerà:
- individuare i pericoli d’incendio;
- fare una descrizione del contesto e dell’ambiente in cui si trovano i pericoli;
- individuare i beni (attrezzature o materiali) ed i soggetti esposti al rischio;
- valutare le conseguenze dell’incendio su soggetti, beni ed ambienti a livello qualitativo e quantitativo;
- individuare misure finalizzate a prevenire, eliminare o ridurre il rischio.
Addetto al servizio antincendio.
Il Testo Unico prevede, definisce e disciplina la figura dell’Addetto al Servizio Antincendio chiamato a prevenire e proteggere da questo tipo di rischio attraverso la squadra emergenze.
Il suo compito è mettere in pratica tutte le misure e le attività di prevenzione incendi, lotta antincendio ed evacuazione in caso di emergenza (insieme agli addetti al primo soccorso).
Spetta al datore di lavoro dell’azienda designare tramite un atto di nomina formale l’Addetto al servizio antincendio scegliendolo tra i lavoratori e provvedendo alla sua formazione con corsi specifici.
Il lavoratore o i lavoratori designati non possono rifiutare questa nomina se non per gravi, giustificati e documentati motivi.
Il datore di lavoro può autonominarsi addetto antincendio se appartiene ad una di queste tipologie di aziende:
- Artigiane e industriali (fino a 30 dipendenti);
- Agricole e zootecniche (fino a 30 dipendenti);
- Ittiche (fino a 20 lavoratori);
- Altre aziende fino a 200 dipendenti.
Le aziende che non adempiono all’obbligo di nomina dell’addetto al servizio antincendio rischiano una sanzione da 750 a 4.000 euro.
Tutti gli addetti devono frequentare il relativo corso antincendio in base alla classe incendio dell’azienda ed è un obbligo secondo il CPI Certificato di Prevenzione Incendi.
Queste figure devono essere in grado di azionare e prevedere:
- naspi ed idranti,
- gli estintori,
- le manutenzioni antincendio.
- piano emergenza ed evacuazione
CPI: attività sottoposte al controllo dei VVF.
Della lunga lista di attività soggette al controllo VVF inclusa nell’Allegato 1 al DPR 151/2011, riportiamo un sostanzioso elenco di esempi per il certificato prevenzione incendi:
- organizzazioni con oltre 300 lavoratori dipendenti;
- aziende che producono, distribuiscono e depositano gas, liquidi, solidi combustibili o comburenti;
- ditte che utilizzano sostanze esplosive;
- depositi con una superficie che supera i 1000 m2 e materiali per oltre 5000 kg;
- edifici di altezza superiore a 24m;
- impianti termici superiori a 116 kW;
- gruppi elettrogeni di oltre 25 kW;
- tabacchifici, zuccherifici;
- officine di saldatura, verniciatura, taglio metalli;
- calzaturifici, fabbriche tessili;
- falegnamerie, tipografie, eliografie;
- cinema, studi cinematografici, teatri;
- cementifici, fabbriche di materie plastiche e ceramiche;
- palestre, impianti sportivi;
- scuole ed ospedali;
- fiere, villaggi turistici, campeggi;
- stazioni ferroviarie e marittime, aeroporti.
In certi casi, aziende non soggette al controllo VVF hanno comunque l’obbligo di rispettare le norme antincendio vigenti in termini di progettazione e gestione.
CPI Certificato di Prevenzione Incendi: come fare domanda, tempistiche.
Spetta al titolare dell’azienda l’obbligo di richiedere il Certificato di Prevenzione Incendi.
Dovrà presentare la domanda ai Vigili del Fuoco prima di iniziare l’attività lavorativa.
Nel richiedere il controllo di prevenzione incendi, il titolare dell’azienda dovrà allegare ed inoltrare la seguente documentazione:
- SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività);
- Documentazione tecnica;
- Asseverazione del tecnico;
- Dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio.
Dopo aver verificato la documentazione, in caso di esito positivo, il Comando dei VVF rilascerà una ricevuta: entro 60 giorni sarà tenuto ad effettuare i controlli.
In caso di esito positivo delle verifiche di rito, entro 15 giorni dalla visita tecnica rilascerà il Certificato di Prevenzione Incendi intestato al titolare dell’azienda.
CPI Certificato Prevenzione Incendi: durata e rinnovo.
Generalmente, il CPI dura 5 anni: per certe attività il termine si estende a 10 anni.
Alla scadenza del CPI Certificato Prevenzione Incendi il titolare dell’azienda dovrà inviare richiesta di rinnovo certificato prevenzione incendi per la conformità antincendio.
La richiesta consiste in una dichiarazione in cui attesta l’assenza di variazioni alle condizioni di sicurezza antincendio: dovrà allegare alla domanda tutta la documentazione prevista.
In caso di nuova destinazione dei locali, modifiche strutturali, modifiche al processo operativo o variazioni qualitative/quantitative delle sostanze pericolose, sarà tenuto a richiedere subito il rinnovo.
CPI: spese da sostenere
Ai sensi del D.M. 2 marzo 2012 e del Tariffario allegato alla Circolare 13061 del 6 ottobre 2011, il servizio CPI è a pagamento.
Il costo del certificato viene calcolato con tariffa oraria distinguendo il servizio con o senza sopralluogo come segue:
- con sopralluogo 54 euro all’ora;
- senza sopralluogo 50 euro all’ora.
Aziende non in regola con il CPI: sanzioni previste.
La legge prevede due tipologie di sanzioni per altrettanti tipi di violazione legata al CPI:
- Reclusione da 3 mesi a 3 anni e multa da 103 a 516 euro per dichiarazione di falso riguardo alle certificazioni o alla documentazione;
Inoltre prevede l’arresto fino a un anno o sanzione da 258 a 2.582 euro per chi non richiede il rilascio o rinnovo del CPI se l’attività è a rischio incendi.
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